Saper perdonare
È una delle grandi verità che l’adolescenza ci consegna con forza. Lo vedo nei miei ragazzi, nei loro racconti pieni di ferite, nei silenzi che pesano più delle parole. Per riuscire a vivere davvero la relazione con i propri genitori, devono spesso attraversare un deserto interiore: quello dell’odio.
Non un odio cieco, ma lacerante. Figlio della delusione, del tradimento delle attese, della scoperta che chi ci ha messi al mondo non è l’eroe che avevamo immaginato, ma un essere umano, fragile, contraddittorio, imperfetto.
Solo accogliendo questo odio — senza reprimerlo né giustificarlo — si può aprire lo spazio del perdono. E il perdono, a sua volta, è ciò che rende possibile un amore nuovo: non più ingenuo, ma consapevole. Un amore che sa e, proprio per questo, sceglie ancora.
Questo percorso — dall’idealizzazione alla frattura, dalla rabbia alla riconciliazione — è uno dei movimenti fondamentali della maturazione affettiva. Non si tratta solo di psicologia, ma di un passaggio esistenziale: si ama davvero solo ciò che si sceglie di amare, nonostante tutto.
E ogni volta che lo vedo accadere nei miei studenti, sento che la filosofia ha ragione: è attraverso le contraddizioni che si cresce. È solo attraversando il negativo che si può giungere a una forma più alta di verità.
“Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.”
(Lc 15,18-19)