
Ascolto che trasforma
Qualche giorno fa ho raccontato ai miei studenti la storia di un loro coetaneo che sta vivendo la malattia mortale di un genitore. Un ragazzo che affronta questa prova con coraggio, dignità, con una forza silenziosa e disarmante. E mentre parlavo, la classe era ammutolita, assorta in un ascolto profondo. In quel momento, non c’era spazio per la superficialità, per la distrazione, per il rumore: solo presenza, solo umanità.
La narrazione possiede un potere immenso nell’educazione degli adolescenti, un potere che va oltre il semplice raccontare storie: è la capacità di trasmettere esperienze vissute, valori incarnati, emozioni che risuonano nell’animo di chi ascolta. Quando un racconto tocca corde profonde, non si limita a istruire: apre uno spazio di risonanza interiore, uno spazio educativo autentico in cui il sapere diventa esperienza, in cui la parola si fa carne. L’educazione non è mai solo trasmissione di contenuti, ma incontro, relazione, movimento dell’anima.
Oggi più che mai dobbiamo riscoprire il significato autentico del coraggio. Troppo spesso viene confuso con la prevaricazione, con la dimostrazione di forza, con l’imposizione sugli altri. Ma il coraggio, nella sua radice più profonda, è un atto del cuore: dal latino cor habeo, “avere cuore”. Non è potenza che schiaccia, ma fermezza che resiste; non è dominio, ma presenza. Essere coraggiosi significa abitare il dolore senza soccombere, restare saldi senza perdere la capacità di amare, scegliere il bene anche quando costa fatica. È la forza mite di chi attraversa la tempesta senza farsi inaridire dal vento.
Ecco cosa significa educare: non trasmettere semplicemente concetti, ma essere testimoni di un modo di stare al mondo. Gli adolescenti non cercano prediche, ma esempi viventi; non vogliono discorsi astratti, ma storie che parlino al loro cuore. L’educazione accade quando un frammento di verità tocca l’esistenza di chi ascolta, quando una parola si deposita nell’anima e comincia a trasformarla.
Educare non è mai un atto neutro. È un atto di responsabilità, di presenza, di amore. E per essere davvero educatori dobbiamo avere il coraggio di metterci in gioco, di offrire non solo il sapere, ma la nostra stessa umanità. Perché solo ciò che nasce dall’autenticità può accendere una scintilla di consapevolezza nell’altro.
“Dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.” (Matteo 6,21)