Fragilità feconda

Fragilità feconda

La verità nell’incertezza: il cammino dell’adolescente tra sbandamento e rinascita
La verità non è un punto fermo, un’idea immutabile a cui aggrapparsi, ma qualcosa che si rivela solo quando le certezze si sgretolano. È nel venire meno delle sicurezze che l’essere umano diventa davvero capace di conoscere. Pasolini ci ha insegnato che ogni autentico percorso di formazione passa necessariamente attraverso lo sbandamento e la caduta: senza crisi, senza la lacerazione delle illusioni, non può esserci crescita.
Pensiamo alla parabola del figlio prodigo: il giovane, sicuro di sé, lascia la casa paterna con la convinzione di trovare la felicità nel possesso, nel godimento immediato. Ma è solo nel momento della perdita, quando tocca il fondo della sua esistenza e le sue certezze crollano, che si apre allo sguardo della verità. Non è il denaro, non è l’autosufficienza a renderlo libero, ma il riconoscimento della sua fragilità. È proprio nella nudità dell’errore che scopre la via del ritorno, non come regressione, ma come nuovo inizio, più consapevole.
L’adolescenza è forse il periodo in cui questa dinamica si manifesta in modo più feroce e viscerale. I ragazzi si scontrano con il crollo delle verità che l’infanzia aveva fornito loro: scoprono che il mondo è più complesso, che le relazioni sono precarie, che il dolore non si può evitare. Sbandano, cercano di riempire il vuoto con risposte immediate, spesso illusorie. Eppure, è proprio in questa terra di nessuno, nel non sapere più chi si è e dove si sta andando, che si crea lo spazio per qualcosa di autentico.
Socrate parlava dell’”aporia”, il momento di smarrimento in cui ci si rende conto di non sapere. È quello il punto di svolta: il momento in cui, abbandonate le false sicurezze, si inizia davvero a pensare, a interrogarsi, a cercare una verità che non è data dall’esterno, ma che nasce dal proprio stesso percorso.
Per questo, forse, dovremmo smettere di temere lo smarrimento degli adolescenti, il loro senso di vuoto, la loro crisi. Non perché debbano essere lasciati soli, ma perché dobbiamo imparare a stare con loro in quel non sapere, senza riempirlo subito di risposte prefabbricate. Perché la verità, quella vera, non è mai un’eredità da custodire, ma una strada da percorrere, spesso inciampando.


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